giovedì 10 novembre 2011

Recensione di "HENZE" A CURA DI ENZO RESTAGNO


Il volume che EDT riedita per onorare gli ottant'anni del “gatto” Henze se ha il difetto di essere ormai datato di diversi a quindi non può ragguagliarci sulle estreme conseguenze del suo stile, rimane però di utilissima lettura per la serietà dei piccoli saggi che illustrano le varie sezioni di un catalogo che già allora si poteva tranquillamente definire sterminato. Sono però le parole dello stesso compositore che generosamente spende sia nella lunga intervista/narrazione che nell'incantevole diario di lavoro dell'opera La Gatta inglese a rimanere, a mio avviso, la parte più interessante di questo volume.
Parole che mi hanno fatto riflettere non solo per il loro contenuto ma anche per il modo con cui vengono espresse, siamo lontani anni luce da quei toni faticosi e pedanti cari a tanta saggistica musicale: Henze sa raccontare se stesso e la sua arte con elegante e arguta semplicità, con quell’ understatement dell’uomo veramente colto che sa esattamente quello che vuole, che dice e che fa.
Le sue teorie e idee ci vengono passate tradotte nelle forme del racconto, collegando ad ogni astrazione del pensiero una realtà che si può vivere e quasi toccare: Henze sa comunicare e anzi trasmette un palese bisogno di comunicazione con l'interlocutore.
Forse perché Henze è un artista mai imprigionato dentro un'ideologia (certo non in quella dell'Avanguardia, a lui spesso così ostile) e questa libertà si manifesta anche nella sua noncuranza per ciò che viene considerato "alla moda": nel suo diario di lavoro termini come "serie dodecafonica" o "atonalità" convivono tranquillamente a fianco tradizionalissimi e impronunciabili a Darmstadt come "tema", "melodia".
All'origine di questo sentire eterodosso credo ci sia il Teatro, il testo letterario da mettere in scena, storie da far vivere, da raccontare, da interpretare attorno a cui modellare la sua musica. E certamente la collaborazione artistica con i massimi protagonisti della scena letteraria (due nomi per tutti: Auden e Bachmann) ha prodotto alcune tra le migliori pagine di teatro musicale dal dopoguerra ad oggi. Altrettanto importante la figura di homus politicus di Henze, il miraggio di Cuba, le scuole di musica impiantate in tutto il mondo, la rivoluzione politica del Sessantotto a cui anche la sua musica reagisce trasformandosi profondamente, basti pensare all'impegno politico con lavori come La Zattera della Medusa o El Cimarron.
Henze fa i conti con la Nuova Musica accogliendone i vocaboli ma trasformandoli in strumenti espressivi propri e rifiutandone con decisione l'arida cerebralità e giochetti intellettualistici, la sua scrittura è sempre aperta, mettendo assieme materiali che provenienti da mondi musicali diversi come la musica popolare o il jazz. Se Romitelli definiva se stesso compositore come un “virus” all’interno della società, forse Henze può essere visto come un “anticorpo” all’interno della stessa Nuova Musica in grado di combattere i suoi stessi eccessi grazie al suo grandissimo talento.

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