mercoledì 21 aprile 2010

Intervista a The Infant T(h)ree, seconda parte


Ho la sensazione che la musica contemporanea che non rientri nel calderone “mainstream” sia “divisa” in due approcci differenti: da un lato i compositori e i musicisti che provengono dall’accademia, dall’altra musicisti che provengono da una formazione culturale completamente diversa (jazz, minimalismo, scena musicale downtown newyorkese, noise, elettronica, improvvisazione in particolare) pronta ad appropriarsi e a ricodificare di qualunque linguaggio musicale, dall’improvvisazione, al jazz, alla contemporanea, al noise, alla musica per cartoni animati, e che queste due facce della medaglia ogni tanto si incontrino e che questi “scambi” comincino a diventare piacevolmente sempre più frequenti, voi provenite dal secondo lato, come vede “l’altro lato” della musica contemporanea?


G. Masin: ma non esisteva solo buona o cattiva musica? Non so, mi sento solo e cerco la distanza con le corporazioni degli umani, e quella ‘accademica’ mi pare una delle più inavvicinabili. Il genio o l'invenzione è comunque un bene raro e quando capita spesso usa apparire in forme non previste o non prevedibili. Non mi va di essere un bravo artigiano, meglio pensarmi uno zingaro dei suoni.
M. Berizzi: nel godere della musica, semplifico e mi nutro delle idee creative da qualsiasi parte esse provengano. Dipende cosa si cerca; personalmente ritengo importante avere nella mente e nello spirito una direzione musicale verso la quale tendere. La formazione accademica sicuramente può fornire gli strumenti per arrivare d esprimere le idee.

Quale significato ha l’improvvisazione nella vostra ricerca musicale? Si può parlare di improvvisazione per musiche come le vostre legate a strutture elettroniche o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?


G. Masin: vero che l'elettronica intesa come l'uso di un particolare software può compromettere la sincerità compositiva, o quanto meno l'inventiva di un dato musicista. La storia dell'elettronica però ci ha regalato pure perle di genio, anzi, potrei dire che il peso dell'elettronica ha determinato un enorme progresso nella musica e nell'arte. Il metodo non inventa nulla, aiuta, ispira, forma, ma la fantasia è altra cosa. Mozart è stato un maestro di improvvisazione, forse molto più di tanti nomi del jazz. Eppure, il sentire comune ti dice il contrario. Buffo e strano mondo il nostro..
M. Berizzi: La definirei una musica aperta con una tensione comune, improvvisazione, melodia, sperimentrazione .. insomma, tutto ciò che nasce nel mentre. Ogni direzione ne provoca altre.
Io vedo nell’improvvisazione, non un genere ma un approccio istintivo, i miei contributi
sono per lo più improvvisati e neanche risuonati meglio una seconda volta, ma spesso
lasciati così come sono usciti. Ritengo l’improvvisazione una musica sentimentale per definizione.
M. Salvadori: personalmente cerco di fuggire a gambe levate dalle catalogazioni, l'ho sempre fatto e sempre continuerò a farlo. E' probabile che noi si produca musica improvvisata ma per arrivare all'improvvisazione c'è dietro tutto un lavoro di preparazione da parte dei musicisti sui miei testi ergo, Infants è sonorità non facilmente catalogabile: noi amiamo chiamarla ArtMusic.

Nel 1968 Derek Bailey chiese a Steve Lacy di definire in 15 secondi la differenza tra improvvisazione e composizione, la risposta fu “In 15 secondi la differenza tra composizione e improvvisazione è che nella composizione uno ha tutto il tempo di decidere che cosa dire in 15 secondi, mentre nell’improvvisazione uno ha 15 secondi” .. la risposta di Lacy era troppo ironica o corrisponde a verità?


G. Masin: sull'improvvisazione i bambini ne sanno più di noi. L'improvvisazione non è il 'diverso', ma l'essenza stessa della ricerca musicale ed artistica. La riproposizione pedissequa della musica è la cosa meno viva e più blasfema che esista sulla Terra.
M. Salvadori: per quanto riguarda il mio strumento 'musicale' ovvero la parola, ti posso dire che l'improvvisazione è la fonte da cui nascono i mille rivoli di pensiero che poi vanno a formare la frase compiuta. Senza il flash dovuto ad essa non riuscirei a scrivere nulla.

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