martedì 16 marzo 2010

Intervista con Simone Sorini, prima parte


Come è nato il vostro ensemble e cosa significa il suo nome?

Il nome del gruppo fa riferimento ad alcune onomatopee presenti in brani del repertorio che eseguiamo, nella fattispecie il suono della sorellina (lirum lirum li) e del liuto o colascione (tronc tronc)

Qual è il vostro background musicale e che strumenti suonate? Volte parlarci di questi strumenti particolari che danno anche il nome al vostro cd: Sordellina, Colascione e Buttafuoco? Come è nata l’idea di questo recupero?

A questa domanda credo risponderanno nel dettaglio Squillante e Degli Esposti, per quanto mi compete, a parte il fatto che anche io sono strumentista (liuti) oltre che cantante, ho cercato di immaginare un prassi esecutiva vocale che si avvicinasse al suono degli strumenti che mi accompagnano, ad esempio la assoluta assenza di messe di voce o di dinamiche espressive è una scelta dettata oltre che dalla contestualizzazione cronologica del repertorio, anche e soprattutto dalla tecnica esecutiva della sorellina che impone determinate scelte stilistiche.

Ascoltando la vostra musica mi sono fatto l’idea che veniate da una grande molteplicità di ascolti e di influenze, come gestisce questi frammenti di memoria musicale nelle vostre esecuzioni? Li utilizzate consciamente o …. li lasciate liberamente fluire?

Il mio retroterra musicale è estremamente ampio, va dal rock alla musica classica. Nessuna suggestione (o casuale citazione se c’è) però è a livello conscio, tutto fluisce liberamente come da una enorme banca dati

Berio nel suo saggio “Un ricordo al futuro” ha scritto: “.. Un pianista che si dichiara specialista del repertorio classico e romantico, e suona Beethoven e Chopin senza conoscere la musica del Novencento, è altrettanto spento di un pianista che si dichiara specialista di musica contemporanea e la suona con mani e mente che non sono stati mai attraversati in profondità da Beethoven e Chopin.” Lei suona un repertorio tradizionalmente classico … si riconosce in queste parole?

Se interpreto bene il senso della domanda mi trovo perfettamente in sintonia con l’affermazione di Berio. Per quanto mi riguarda non avrei mai potuto interpretare la musica antica senza essere stato scalfito in tenera età, ad esempio, dalla musica dei Beatles o dei Pink Floyd

Trovo estremamente affascinante l’idea di riproporre con rigore filologico un repertorio di diversi secoli fa, interpretandone la musica con strumenti d’epoca. Quanto però può essere diverso il vostro modo di suonare rispetto a quello dell’epoca? E quanto è cambiata la società e il modo di fare e percepire la musica…

Il modo di suonare cambia di pari passo con la società, il ricorso agli strumenti antichi è solo un tentativo di ritrovare una prassi strumentale o vocale inevitabilmente perduta. Cerchiamo di reinventare un passato o una cultura del passato con strumenti che le erano propri, ma noi siamo diversi, il mondo è diverso, il risultato sarà sempre e solo una rilettura da parte di uomini che vivono in un altro mondo, non per questo priva di fascino o di valore, partiamo solo dall’idea di quanto diverso era il bacino di fruizione dell’opera musicale, per chi e in quali situazioni si faceva musica 500 anni fa, questo dovrebbe far riflettere molto.

continua domani

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