sabato 2 gennaio 2010

Recensione di Liriche su Verlaine, Y Despues di Bruno Maderna, Stradivarius

Maderna

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«Questa città è bellissima e io finirei per lasciarmi prendere dal suo fascino, diventerei pigro» Corto Maltese.


Nell’arte la continuità è nemica della possibilità, l'uomo non è una creatura perfetta e nella dialettica con la ricerca spasmodica della perfezione, che è fonte inesauribile di nuove energie creative, egli deve stare sempre attento a bilanciare il cammino, a dosare i suoi cali di tensione, cercare di valorizzarli come slanci funzionali dentro un totale ben calibrato. Per questo gli artisti che lasciano pochi segnali di sé hanno l'aura dell'enigma che li accompagna, soprattutto, si intende, quando quei segnali sono qualcosa di speciale. Se poi uno che nasce a Chioggia, vicino a Venezia e decide di concludere la sua parabola umana e artistica morendo a Darmstadt, luogo simbolo negli anni Cinquanta dell'avanguardia e della sperimentazione, nonché cenacolo attorno al quale si riunivano Boulez, Pousseur, Berio, Nono, Stockhausen, Cage, Messiaen e strumentisti come Gazzelloni, Tudor, Caskel, qualcosa diveramente speciale lo deve aver avuto dentro e trasmesso a chi ha avuto la fortuna di averlo vicino. Maderna a Darmstadt c'era arrivato nel 1951 sull’onda di una rifulgente fama di direttore d'orchestra, fama che lo avrebbe accompagnato per tutta la carriera e ne avrebbe, a tratti, addirittura oscurato e messo in sottordine lo status di compositore, e aveva saputo ben presto conquistare la stima del dottor Strinecke, l'organizzatore delle giornate musicali, che prese a invitarlo tutti gli anni e gli affidò l'incarico di fondare il famoso Kammer-Ensemble. Sin da bambino Maderna si era ritrovato nello scomodo ruolo dell'enfánt prodige, la sua attitudine alla musica era manifesta e, complice l'assenza di un nucleo familiare protettivo, rischiò di divenire un fenomeno da baraccone.

Grazie al mecenatismo della signora Manfredi, sarta, antiquaria, dotata di una certa cultura e soprattutto ricca, Maderna undicenne incomincia studi adeguati a sostenerne il talento, per arrivare, dopo la trafila dei conservatori (Milano, Venezia, Roma) a incontrare Malipiero e Scherchen, dei quali sarà allievo negli anni Quaranta (malgrado il disagio di una parentesi bellica vissuta in prima persona: la campagna di Russia, la Resistenza, il campo di concentramento).

Il decennio post-bellico significò per Maderna il consolidarsi di un fruttuoso rapporto sia con Luigi Nono (il quale era da tempo affascinato dal modo in cui il compositore veneziano viveva la musica: «Maderna non insegnava ricette, non distribuiva cataloghi di metodi, evitava soprattutto di insegnare se stesso o di insegnare un'estetica») sia con Berio, con il quale nel '55 avrebbe fondato lo Studi di Fonologia della Rai di Milano. La sua figura e le sue opera, travolte negli anni Ottanta dalla montante marea dei neotonalismo e dei neoromanticismo, sono ben lontane dall'essere state ricollocate al loro giusto posto.

Darmstadt e la sua scuola possono essere (e in parte lo sono) simboli discutibili, ma non tutto quello che ne è uscito è condannabile aprioristicamente ed è indubbiamente vero che la ricerca musicologica che lo riguarda abbia fatto qualche passo sostanzioso e abbia svelato i suoi moduli compositivi, ma ciò che conta è quanto, di un autore, si può pubblicamente ascoltare. A tal proposito non si può che accogliere con soddisfazione questo disco della Stradivarius che vede rappresentato un repertorio poco conosciuto e degno di alta considerazione: si tratta delle Liriche su Verlaine, del Concerto per piano e Concerto per oboe n.2 eseguiti dall’Orchestra Sinfonica di Milano “G.Verdi” diretta dal Maestro Sandro Gorli e dell’unica opera esclusiva per chitarra composta da Maderna: Y Después per chitarra a 10 corde, dedicata al chitarrista Narciso Yepes e qui eseguito dalla bravissima Elena Càsoli.

Su questo brano concentro la mia attenzione vista anche la natura del Blog. Come dicevo, Y Después rimane l’unico lavoro solistico dedicato alla chitarra, che passa attraverso Narciso Yepes, la chitarra a dieci corde, la Spagna, l'Andalusia, il Poema di Garcia Lorca, per incontrare la forza primordiale del cante jondo. Y Después ripercorre le strade dei conto andaluso, del popolo gitano, nelle quali Moderno incontra i gesti della chitarra flamenca, i rasgueodos, le scale rapide e aggressive, gli accenti e i ritmi, ma ritrova soprattutto un canto puro, monodico, originario. Alla purezza della linea melodica che più volte torna a cantare, solitaria, nelle regioni più acute dello strumento si contrappone lo spessore verticale delle masse accordali, che sfruttano la potenza delle dieci corde, mentre rapide articolazioni percorrono tutto lo spazio della tastiera.

Utilizzando le corde gravi non come semplici bordoni, ma come corde tastate alla pari delle prime sei, Moderno costruisce sulla tastiera complesse successioni di accordi e armonie sino a questo lavoro mai udite da unachitarra, sonorità e cluster cupe e laceranti che rivelano tutta la forzaracchiusa nel guscio della chitarra.Un ascolto non facile la musica di Maderna, con quelle sonorità particolari e originali che benché il materiale di partenza appaia sconosciuto e alieno, potrebbe risvegliare più di una coscienza, pigro è ascoltatore dei nostri tempi e si sa che, come conclude Corto Maltese melanconico sullo sfondo della splendida Basilica di San Marco «Venezia sarebbe la mia fine».

Empedocle70

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