sabato 23 gennaio 2010

La Musica delle Sfere, l’ingombrante eredità musicale di Pitagora, parte sesta


Le astruse teorie matematiche di Xenakis sono messe al servizio della replica di forme ‘naturali’. Egli definì eventi tra gruppi di strumenti che replicano l'apertura di ventilatori o il movimento di spazzole, con strutture di composizione denominate ""arborescences" - tentacoli o cespugli di suoni derivanti da una radice comune in grado di espandersi in diverse direzioni. Il software consente la manipolazione della posizione, la rotazione e l'aspetto della tessitura delle forme create in questo modo. Queste opere arboree hanno ormai superato i primi esperimenti di Xenakis dedicati alle strutture stocastiche, che erano basati esclusivamente sulla logica aritmetica. "Nel determinismo la stessa causa genera sempre lo stesso effetto", disse una volta Balint Andras Varga, descrivendo il suo tentativo di sbloccare il valore caotico dei numeri. "Non c'è nessuna deviazione, nessuna eccezione. L'opposto di questo è che l'effetto sia sempre diverso, la catena non si ripete mai. In questo modo si raggiunge la possibilità assoluta che è, appunto, l’indeterminismo".

Nel 20° secolo, l'orecchio umano ha dovuto adattarsi a ambienti più affollati e più ricchi di informazioni. Parte di questa evoluzione ci ha condizionato a desiderare e individuare più rumore, che è il dettaglio del suono e della tessitura che cade tra le divisioni matematiche stabilite da Pitagora. Nel nuovo millennio il monocorde non più è abbastanza a lungo per esprimere tutto ciò che è cambiato nella forma musicale. Seconda la Scuola Viennese collegata con Alban Berg e Anton Webern, la musica doveva sganciarsi dalla emotività e dalle strutture intuitiva che avevano portato alle forme opulenti e eccessive del tardo Romanticismo. Schoenberg affrettò il passaggio alla atonalità, cioè alla mancanza di una chiave definita, mentre altrettanto rapidamente i suoi contemporanei Picasso e Braque acceleravano la distruzione della prospettiva rinascimentale sulla tela.

Schoenberg ha trasformato la musica in dati puri: gruppi di 12 note sono state usate come cellule amelodiche per ogni composizione. I rapporti tra ciascuna nota possono essere invertiti, mescolati tra loro o rovesciati come palindromi, senza essere collegati ad una chiave musicale scelta precedentemente come dominante. La scelta di chiavi fisse contribuisce a dare un senso di progressione in una composizione, Schoenberg ha cercato di definire un nuovo, segreto, non udibile sistema come modus operandi nella sua musica, ma a un certo punto ha perso la sua visione nelle ombre di diverse centinaia di anni di tradizione classica: "Si usa la serie e poi uno compone come prima, "scrisse una volta. Ma le sue opere Die Jakobs / Eiter (Jacob's Ladder, 1917-22) e Moses und Aron (1932), sono rimaste incompiuta alla sua morte. Un po’ come se egli fosse inciampando scoprendo che la scala che stava cercando di costruire era totalmente, fatalmente inagibile a causa dell’eccessiva complessità numerica: in compenso, quasi come segno di riconoscenza, il suo Pierrot Lunaire è una poesia dell’anima persa, confusa, alienata. Ammettiamolo, per riuscire ad apprezzare le strutture matematiche immerse nelle musica seriale bisogna avere una conoscenza simile a quella di un iniziato: nella sua lottà contro la tonalità, Schoenberg ha dato vita a una tale complessità in grado di sbaragliare la gran parte del suo possibile pubblico, trasformando la musica contemporanea in una cosa lontana sia dai gusti della gente che dalla società.
A distanza di oltre 2500 anni il monocorde pitagorico continua a vibrare le sue note immerse nell’armonia cosmica, liberarsene o semplicemente andare oltre non sarà un cosa così semplice ….. Bach docet.
Empedocle70

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