venerdì 4 settembre 2009

Recensione di L’arte della guerra di Francesco Cusa “Skrunch”, Improvvisatore Involontario, 2007

Francesco Cusa Skrunch

L'Arte delIa guerra o Sun Tzu è di gran lunga il pùt famoso e studiato fra i trattati di soggetto militare prodotti nella Cina antica; di esso si sono proficuamente avvalse generazioni di strateghi e militari per circa ventiquattro secoli e la sua grande influenza non è venuta scemando nemmeno in tempi a noi prossimi, come testimoniano ad esempio vari scritti teorici e le gesta belliche del presidente Mao Zidong e talune recenti applicazioni nel campo delle strategie economico-manageriali. Così se un musicista come Francesco Cusa, chiamarlo semplicemente batterista sarebbe semplicemente didascalico e riduttivo, decide di incidere un disco con questo nome meglio drizzare le orecchie e cercare di capire cosa c’è sotto. Se poi anche il libretto che accompagna il cd prodotto dalla Improvvisatore Involontario insiste con un breve saggio sull’argomento firmato da Frank Usa (pseudonimo svelato da Pat Ferro nella sua intervista) e se le due tracce iniziali e finali riportrano brani tratti dal libro in questione recitati in modo cupo e solenne da una voce distorta e stentorea, allora è proprio il caso di andare ad approfondire: perché un musicista così si lascia affascinare da un simile testo a tal punto da utilizzarlo come base per le strategie sonore del suo gruppo, un manipolo agguerrito composto da Dario De Filippo alle percussioni, Riccardo Pittau alla tromba, Tony Cattano al trombone, Beppe Scardino al sax baritono e i chitarristi Paolo Sorge e Carlo Natoli alla baritone guitar.
Tutto è finalizzato alla vittoria nel Sun Tzu, perchè vincere e l'unica cosa che conti in caso di guerr, e vince veramente solo chi sappia imporsi ottenendo il massimo profitto nel minor tempo possibile (meglio se senza combattere) e col minimo delle perdite. Un tale obiettivo si raggiunge con una meticolosa valutazione iniziale atta ad evitare le situazioni potenzialmente svantaggiose, variando inesauribilmente i piani e la disposizione tattica con manovre irregolari e imprevedibili, sfruttando sapientemente i vuoti e i pieni dello schieramento nemico, mascherando l' entita reale delle proprie forze, e avvalendosi di ogni altro stratagemma in grado di garantire il successo finale. Il bello di questo libro è che queste teorie possono essere fonte di ispirazione e essere applicate in contesti diversi, dal gioco degli scacchi al gioco del go, dagli affari alle campagne di marketing, dai grandi eserciti alle piccole unità, perché non anche a un ensemble musicale? E così Cusa dirige il suo ensemble (avrete notato l’assenza di un bassista) confidando su un muro di fiati preciso e potente, due chitarre in grado di gestire senza problemi qualunque parte ritmica e solistica (Cinque stelle a Paolo Sorge per l’assolo micidiale nel brano “Afrodionisiaco”) e una sezione ritmica da sballo, flessibile, poliedrica e poliritmica. Il risultato è una musica cinematica, che ammicca a certe cose tipo Electric Masada, scherza con le idee zappiane di Grand Wazoo e Waka Jawaka, sballa con un bel funky alla George Clinton , un mix ubriacante, frizzante e mai solamente e inutilmente cerebrale, non stupitevi se vi soprenderete a muovere i fianchi con “Alljazzera” o a rincorrere le acrobazie di ritmiche di “Quel giorno in cui J.J Cale si svegliò senza un gamba”, brano che tra l’altro vince il primo premio in fatto di originalità per il titolo.
Lunga vita ai guerrieri!

Empedocle70

p.s. disco consigliatissimo a quelli che “il jazz italiano è succube di quello americano e scandinavo” …

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