martedì 22 settembre 2009

Intervista con Chiara Asquini di Empedocle70 parte prima



La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il suo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suona o ha suonato?




Grazie a mia madre! Quando avevo 7 anni mi chiese, ripetutamente, se volevo suonare la chitarra o il pianoforte. Mia madre non ha mai fatto studi musicali, ma ha una sensibilità artistica finissima. Scelsi subito la chitarra...mi affascinava moltissimo e così a 8 anni cominciai. Ricordo poi con una tenerezza infinita un concerto che Elena Papandreou tenne a Gorizia; era il 17 gennaio 1997, avevo 11 anni e quella sera dissi a mia madre, seduta a fianco a me “da grande voglio fare la concertista”. Ero rimasta incantata: Elena fu splendida e così la sua musica...poetica e intensa da far male. C'era il destino di mezzo poi: io fui la bimba designata a portarle i fiori sul palco...
Suono ancora con una chitarra che il liutaio Luciano Lovadina costruì per me nel 1999: abete rosso italiano, diapason 65, fasce in palissandro brasiliano. 10 anni di matrimonio, ma è uno strumento stupefacente, ricco di colore, con una “personalità”, un'eleganza e allo stesso tempo una forza intrinseca che ho visto di rado in altri strumenti.
A breve dovrei avere un altro strumento che prevedo incredibile, senza ovviamente abbandonare la mia Lovadina: una chitarra del liutaio Livio Lorenzatti. Tavola in abete, diapason 65, fasce in palissandro. Ho avuto la possibilità da poco di provare i suoi strumenti: è un liutaio giovane, ma che costruisce dei piccoli gioielli riuscendo a coniugare potenza e direzione ad un suono “che ha una storia” e che non risulta affatto vuoto.
Resto comunque sempre attenta alla liuteria…visito le mostre, se posso provo le chitarre degli altri. Il rapporto con uno strumento per me è una cosa particolare: quando tengo una chitarra tra le gambe, l’abbraccio e la suono devo “sentirmi a casa”…che non è solo un buon connubio di fattori timbrici, estetici, tecnici…ma una sensazione fisica che non posso assolutamente ignorare. Non esiste la chitarra perfetta, ma esiste la chitarra perfetta per me.

Qual è stata la sua formazione musicale, con quali Maestri ha studiato e quale impronta hanno lasciato nella sua musica?




Ho avuto la fortuna di studiare con tanti Maestri, di frequentare moltissime masterclass ed avere così una formazione molto eterogenea, ma di questi Maestri quelli da cui ho appreso maggiormente e che hanno lasciato la loro impronta nel mio modo di suonare e nel mio modo di vivere la musica e la vita sono essenzialmente tre. Mi sono diploma al Conservatorio di Trieste con il Maestro Pierluigi Corona nel 2005, nella cui classe ho conseguito anche la laurea di secondo livello un paio di settimane or sono. Parallelamente al Conservatorio ho studiato con Lena Kokkaliari e con Oscar Ghiglia, all’Accademia Chigiana a Siena e in altre masterclass. Un Grazie mio particolare va poi a Roland Dyens, che è stato il primo maestro a credere in me e nelle mie possibilità quando ero ancora solo una bambina e ad Eduardo Fernandez, con cui non ho studiato a lungo come con gli altri insegnanti, anzi…ma Fernandez è una persona essenzialmente, prima che un Maestro, che anche solo parlandomi dopo i concorsi o in altri momenti mi ha influenzato profondamente…dandomi sempre dei consigli fondamentali.
Si può dire che da Pierluigi Corona ho imparato “come si suona la chitarra”…mi ha insegnato gran parte di quello che so, dalle prime note ai brani più impegnativi. Mi ha lasciato l’entusiasmo, l’energia. Corona è una persona e un musicista profondamente solare, generoso con la musica e con il pubblico durante i concerti. Mi ha mostrato, con il suo esempio, cosa significa “professionalità” fin da piccola…arrivare (puntuali) e sempre ben preparati a delle prove, studiare sempre, approfondire, leggere tantissimo. Sono grandi insegnamenti.
Lena Kokkaliari è la “dea della maieutica socratica” e del problem solving aggiungerei! Mi ha insegnato a non girare mai (mai!) la testa dall’altra parte di fronte ad un problema, ma soprattutto a scansionarlo, frantumarlo, comprenderlo e risolverlo…sia che questo sia un problema prettamente tecnico, sia ovviamente con “problemi” musicali. Mi ha condotto a trovare sempre la mia strada nei brani che suono e poi ad ascoltare cosa hanno fatto grandi musicisti prima di me…si scoprono cose sorprendenti a volte! E’ una persona che ha sempre creduto in me e che mi ha dato e mi dà grande forza, sempre. Ah si, quasi dimenticavo….Lena mi ha insegnato a sorridere sempre…se fai un concorso e arrivi secondo (o quarto…o non arrivi affatto) tu continua a sorridere, persino di fronte ad ingiustizie palesi. Sorridi come se ti avessero dato il primo premio: con questo sorriso, che non è mai un sorriso forzato o di circostanza, ma dev’essere un sorriso che parte dal cuore, mi ha dato un insegnamento più grande…essere profondamente serena con me stessa, in pace con la mia musica, consapevole di quello che c’è di buono e di quello che ancora non va. Spesso quando si è giovani, se un concorso va male crolla il mondo. Ci si dovrebbe ricordare sempre che “se vinci non suoni meglio di prima e se “perdi” non suoni peggio di prima”. E’ un insegnamento di vita, prima che di musica!
Con questo bagaglio sono poi arrivata da Oscar Ghiglia, un Maestro che mi ha lasciato in dono tantissimo. Oscar mi ha insegnato molte cose, ma forse due sono stati gli insegnamenti fondamentali: “i limiti sono solo nella nostra mente” e a vedere sempre il collegamento che sussiste tra le note, il filo sottile che le lega, anche a grande distanza. Oscar mi ha insegnato l’amore per il dettaglio (non che gli altri non l’abbiano fatto!), ad entrare dentro la partitura profondamente, scandagliarla, capirne i segreti…mi ha insegnato che poi questi segreti si possono vedere in maniere differenti, ottenendo per lo stesso brano diverse interpretazioni plausibili e tutte essenzialmente valide.






continua domani ...

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