mercoledì 17 settembre 2008

Speciale Gabriella Aiello: Intervista di Titty Esposito parte prima




Titty Esposito: Come nasce in Gabriella Aiello la passione per il canto e in che modo i diversi stili (rock, jazz…), approfonditi nel corso degli anni, hanno influito nella tua formazione?

Gabriella Aiello: Ho cominciato da bambina ad amare la musica, giravo con un flauto rosso per casa e ad orecchio risuonavo le canzoni che sentivo per radio o che fischiettava mia nonna....un gioco praticamente!
Al canto sono stata sicuramente “iniziata” da mia madre e il suo gruppo di amici, dove non mancava mai una chitarra, un bongo e tante voci pronte a cantare insieme....
Per me forse il canto ha avuto una valenza particolare quando ero adolescente; sono stata balbuziente fino ai 30 anni circa e cantare era un modo per comunicare, fluido, senza panico.. una esigenza dell'anima... Anche gli stili musicali attraversati devo dire che in qualche modo rispecchiavano un modo di essere nel corso della mia crescita.... l'aggressività ha sicuramente trovato la sua sublimazione nel “rock”, il desiderio di ricerca personale, il bisogno di prendere le distanze dal branco nel “dark”...per il jazz sono passata quando cominciai a studire alla Scuola Popolare di Musica di Testaccio a 20 anni circa.....devo dire che ascoltare di tutto e cantare nel corso degli anni vari stili mi ha aiutata sicuramente ad acquisire una certa versatilità vocale.

T.E.: Una breve leggenda napoletana narra che la sirena Partenope con la sua voce abbia tentato invano di far innamorare il prode Ulisse. Il suo canto, quindi, fu specchio del suo amore e della sua anima. Il “canto” di Gabriella, invece, cosa racconta?

G.A.: Un po' ciò che dicevo prima.. .racconta vita, gioie ,dolori....la voce non ha filtri, è un filo diretto, il respiro dell'anima… cantare ci fa sentire nudi...E' molto bello quando vedo i volti stupiti dei miei allievi quando cominciano a “sentire” per la prima volta la loro voce… nel corso dello studio noto che cambiano anche l'atteggiamento nei confronti del quotidiano, cominciano a cadere molte barriere, cominciano a comunicare. Prendere contatto con il proprio respiro diaframmatico, è una grande scoperta per noi occidentali…non siamo abituati a percepire il nostro” centro emozionale”, è un nodo che si scioglie..

T.E.: Oggi rappresenti sicuramente una “voce” significativa nell’ambito della Word Music. Come è avvenuto l’incontro con la musica di tradizione italiana e cosa te ne ha fatto innamorare?

G.A.: Sicuramente ad un certo punto ho sentito il bisogno delle radici, di fare un passo indietro… Ricordo che quando ero alla scuola di Testaccio, pur studiando in quel periodo jazz, andavo sempre a sentire i saggi del laboratorio di Giovanna Marini, ne ero molto attratta.. .. Un bel giorno cantarono una serie di canti laziali che mi ricordarono immediatamente cose sentite da bambina quando andavo con mia madre a trovare i bisnonni in campagna.... fu una grande emozione e decisi anch' io di cominciare a frequentare i laboratori di Giovanna.
Lì mi resi conto che esisteva un grande oceano di saggezza a me sconosciuto, un mare di musica per me ancora inesplorato: il canto di tradizione orale.
Mi ha fatto innamorare sicuramente l' indissolubile legame che c'è, nella musica di tradizione orale, tra voce/strumento e rito e quindi funzionale, assolutamente concreta nel quotidiano.

T.E.: Che sensazioni provi quando sul palco dai voce ai “cori del passato”?

G.A.: Beh… devo dire che mi sento come un archeologo che ha nelle mani un vaso antichissimo da custodire con grande cura .... Mi piace pensare che qualcuno nel pubblico possa incuriosirsi e perchè no... cominciare a fare una ricerca nel campo così come è successo a me....

T.E.: Partendo dalla musica folklorica della nostra penisola, hai poi aperto i tuoi orizzonti anche a sonorità tipicamente mediorientali ed indiane. Pur nella convinzione che ognuna di esse rappresenti un mondo diverso ed è espressione di civiltà diverse, è possibile individuare aspetti comuni?

G.A.: Ben consapevole che ci vorrebbe una seconda vita per approfondire bene altre tradizioni, soddisfo semplicemente la mia curiosità uditiva!
Sono molto attratta dai “modi” cioè le scale musicali utilizzate in questi paesi, dove l'elemento principale è proprio la voce nella sua mobilità e gli strumenti altro non fanno che imitarla ( vedi il sitar, il sarangi, il rabab....)... questo è il motivo per cui in queste culture ( ma anche nel nostro canto di tradizione orale) troviamo i quarti di tono non presenti nella scala temperata e per questo difficilmente trascrivibili sul pentagramma.
Quindi in realtà aspetti comuni molti ! Anche “il rito, quindi la funzione del fare musica a cui accennavo precedentemente, è un elemento comune... si canta e si suona per pregare, per accompagnare le nozze, per accompagnare il defunto ecc, anche il ballo è rituale in questi paesi esattamente come in Italia... Non dimentichiamo poi che nel nostro Sud ci sono molte commistioni con altri paesi, vedi le comunità arbresh in Basilicata, Calabria Sicilia.., la cultura greca della grecìa salentina e calabrese...

MP3 – Zitella Carcerata

Nessun commento: